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invettive e cercare di sopraffarlo colla fierezza della sua volontà, ma non fu nulla di tutto questo.
Ella cadde in ginocchio — in ginocchio la baronessa! — smorta, tremante, con un fiume di lagrime negli occhi.
— Perdonami, perdonami... io sono pazza d’amore!
Le memorie di quel luogo e di quell’ora colpirono anche Luigi. Una volta era lui che, piangente e sommesso, pregava ai piedi di quella donna. Ma lo schiavo non esisteva più; c’era un uomo alla custodia del suo onore e de’ suoi diritti.
Rispose freddamente:
— Alzatevi, signora, voi delirate.
Cristina, accasciata sul suolo, si torceva le mani spasimante d’amore e di disperazione.
— Tu mi giudicherai come vuoi... ma io t’amo. T’amo, intendi?
Ella era bella e terribile nel disordine delle chiome sparse, colla pupilla ardente, agitata da un fuoco interno che coloriva le sue guance prestandole le rose della giovinezza. La veste discinta le modellava le forme, e sull’omero candidissimo scendeva, con un distacco vigoroso di colori, una ciocca de’ suoi capelli neri.
Luigi, colle braccia incrociate, colla fronte alta, coll’occhio severo, la contemplava immobile.
Cristina piangeva sempre. Sciolto il freno alla pas-