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Alessio non si vide nè in quel giorno, nè i seguenti.

Comparve dopo una settimana. Era pallido — disse di essere convalescente. Diana lo accolse con un sorriso, la baronessa gli fece molta festa, ma il giovane non si mostrò lieto come il solito.

Sembrava anche lui sotto l’influenza di pensieri malinconici; la facezia gli sfiorava appena le labbra. Invece di giocherellare col bimbo, come faceva sempre, andò a zonzo per il parco sotto pretesto di portare ad Enrico delle belle ghiandine lucide, ma in realtà per fantasticare... e un po’ anche per respirare.

Come un ragazzo senza giudizio, egli aveva scherzato troppo col fuoco — ora gli scottavano le carni — e da vero ragazzo si esagerava la sua fiamma compiacendosi a darle una veste un tantino romantica.

Chi di noi vorrà biasimarlo, dopo tutto, se pensiamo a quell’età fuggitiva e beata, a quell’età dove tutti siamo più o meno poeti?

Sì, poeti — ed anche Alessio, sognando ad occhi aperti, si sentiva invaso dall’estro gentile, poichè è proprio vero che un innamorato di vent’anni si consola scrivendo quattro linee rimate. — I versi furono in tutti i tempi l’espressione più spontanea e più naturale di un amore infelice.