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meno la baronessa, che sentiva una ripugnanza invincibile per quel fanciullo, e non era ancora giunta a guardarlo senza farlo piangere.

Luigi, rapito nell’estasi di sentimenti nuovi, non se ne accorgeva. L’amore paterno, sviluppato in lui come in tutte le nature sensibili, compiva una metamorfosi felice.

Un raggio meno triste brillava dentro la pupilla de’ suoi occhi bellissimi dal dì che si fecero specchio nelle pupille del figlio suo, e il sorriso, già ospite raro sulle sue labbra, vi diffondeva ora una placida contentezza.

È singolare. L’amore di madre ognuno lo comprende; la giovinetta appena uscita d’infanzia può farsene un’idea abbastanza complessa.

Nell’uomo invece la paternità non la si intravede e non la si sente che nell’istante materiale di stringere il proprio bambino fra le braccia.

Epperò fanno tutti così questi giovinotti. La parte migliore della esistenza la spendono come moneta spicciola nei mille e uno capricci della giovinezza. Amano successivamente lo zigaro e la donna, la poesia, la gloria e le battaglie; fanno debiti e duelli; amori e sonetti; poi si appassionano per la politica o per le lingue morte o per il perfezionamento dell’elettricità — sognano mondi, astri, infinito — e poi quando hanno trenta, quarant’anni, che è, che non