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Ella gli dava la spinta e Luigi lo aspettava colle braccia tese — erano scenette deliziose, buffe. Il piccino rideva e traballava sulle gambine mal ferme, e gli accadeva spesso di ruzzolare sulla sabbia fina.

Andavano a gara allora per rialzarlo, per baciucchiarlo. Luigi lo faceva volare in alto in alto fin presso i fiori della glicine. Alessio intendeva fare di più e lo portava sulla terrazza.

Diana li sgridava tutti e due, reclamava suo figlio, e assicurava che gli uomini non sanno come si deve regolarsi coi bambini.

Enrichetto era svegliatissimo.

All’infuori degli occhi, somigliava tutto la sua mamma. Rideva, come lei, scavando una piccola pozzetta presso il mento; e il suo nasino prometteva seriamente di imitare la curva un po’ arditella, ma aristocratica, che il marchese Gili definiva da pappagalluccio elegante.

Contava sette mesi il piccolo bricconcello, e già sapeva farsi adorare.

Bisognava vedere con quali graziette intraprendeva la conquista di uno zuccherino, e come i suoi occhioni si volgevano amorosamente verso il taschino di Alessio, ripostiglio segreto di un certo contrabbando di biscotti...

Anche a proposito di ciò Diana dava su la voce, ma tutti andavano d’accordo nel viziarlo — tutti,