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Anzitutto l’Atropo di questo romanzo è un uomo, e un uomo giovane. Si chiamava Alessio, aveva un diploma di medicina e veniva a tentare i primi esperimenti nel paese nativo, che era appunto il paese di Luigi.

S’incontrarono subito, si riconobbero, ricordarono tanti piccoli e grandi avvenimenti della loro vita di ragazzi, e conclusero che, poichè il destino li riavvicinava, ne avrebbero approfittato per tenersi compagnia in quella solitudine delle valli bergamasche.

Alessio era vivo e brillante, quanto Luigi si palesava timido e riservato. La sua faccia metteva allegria soltanto a vederla; pronto ai motti lepidi, allo scherzo giocondo, di una festività naturale e spontanea che faceva dire di lui:

— È un gran giovane simpatico.

La sua presenza alla villa diede un impulso più animato alle conversazioni della sera. Egli sapeva ascoltare con attenzione rispettosa i discorsi non sempre divertenti della baronessa. Conosceva un’infinità di giuochi e di corbellerie per far ridere il piccolo Enrico, e sotto questo rapporto piacque a Diana, che prese a considerarlo come un vero amico di famiglia.

Cadeva il mese di giugno, e dopo i calori della giornata la giovane madre usciva in giardino per far muovere i primi passi al suo fanciullo.