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la calzettina, come se già vi stesse dentro il braccio roseo e paffuto o il piedino di neve del suo bambino.

Erano momenti di allegrezza piena, ingenua, espansiva, come può comprenderli appena chi fu madre.

La fanciulla che stringe sul cuore la prima lettera dell’amante, non sa cosa voglia dire stringervi la prima vesticciuola della creatura che sentiamo fremere nel nostro grembo.

È tutt’altra ebbrezza — più larga, più sconfinata, senza confronto più soave.

Luigi divideva la santa esultanza di Diana.

I suoi affetti, imprigionati a diciotto anni in un amore esclusivo e tirannico, sorgevano di contro al nuovo orizzonte bramosi d’aria, di luce, di moto. La sua anima era stanca di quella parte seria e chiusa che gli avevano incollato come una maschera sul volto — anima e volto anelavano al riso, all’espansione, alle gioie della giovinezza.

Se Diana smaniava di condurre a passeggio il piccino, anche lui aveva la sua smania di farlo saltare sui ginocchi, di palleggiarlo, di insegnargli a correre sull’erba e correre insieme acchiappando le farfalle.

Sì, anche a lui sorrideva quell’incognito visetto bianco e rosa, coi grandi occhioni estatici, pieno di pozzette e morbido come la peluria vellutata di un fiore.

Beffavasi da lui stesso. Mio Dio! non è una scioc-