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mò allora questo quadretto co’ suoi propri capelli. Rappresenta una tomba ombreggiata da un salice piangente e sulla fronte si legge:
Piangi pure, o salcio amico, |
E le dirò che io voglio bene a questa cugina non conosciuta mai tanto quanto agli altri parenti, cioè moltissimo.
La ringrazio vivamente del bel volume che ha voluto mandarmi, certo contro i miei meriti, per un nuovo impulso del suo cuore caritatevole che interpreta i bisogni delle anime affamate. Lo leggerò con raccoglimento. È d’uopo peraltro che le tolga subito un’illusione: non so chi possa averle parlato del mio ingegno; le assicuro che nessuno finora se ne è accorto, neppur io. La prospettiva di finire in una cantoria, che a lei sembra orribile, non è poi tanto brutta per un giovine povero, sognatore, di mediocre intelligenza, che abborre dal commercio, dalla burocrazia, dalla folla, e che ama invece il silenzio rotto solo dall’armonia dei suoni. Le energie giovanili cui ella allude esistono certamente, ma si trovano allo stato di un esercito senza capo. Per drizzarle ad una mèta un po’ più alta ci vorrebbe quell’impulso speciale che