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16 aprile. Signore, ella ha tanto spirito e tanta fierezza quanto ha di cuore. Tocca a me questa volta chiederle scusa. Lo faccio, come vede, senza por tempo in mezzo perchè mi dorrebbe di restare nella sua memoria sotto un aspetto che se è stato per un momento il mio, non è però tutta me. A tanta distanza e senza conoscerci mi sarebbe difficile darle una spiegazione della mia sciocca lettera, ma nutro fiducia ch’ella vorrà assolvermi in ispirito senza esigere una confessione che mi diminuirebbe troppo.

Ella mi ha parlato della tristezza di certi mattini. Io le dirò: conosce l’ora misteriosa che non ha punto fisso nella giornata, che è sempre calda anche nella stagione del gelo, l’ora profetica, l’ora dolce, l’ora santa in cui ci è dato di vedere a nudo una bella anima? Si svolga poi l’avvenire come Dio vorrà. Basta quell’ora per rischiarare molte tenebre.

Gradisca la mia primiera ammirazione moltiplicata per mille.

Lilia.


P.S. Voglia dirmi se ora sta proprio bene.

22 aprile. Chi disse essere il poscritto la parte più importante di una lettera aveva forse ragione. Non so se avrei risposto alla sua gentilissima del giorno sedici, poichè con essa si