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Subirò quel qualsiasi castigo che ella vorrà infliggermi, ma mi perdoni e me lo dica.

Ippolito Brembo.


12 aprile. No, signore, ella non mi ha offesa menomamente; non capisco neppure in qual modo possa averlo pensato. Deve essere molto giovane.

Io ho seguito ansiosamente le notizie che i giornali recavano della sua ricaduta; poi vedendo tante violette in giro insieme a qualche altro fiore primaverile giudicai che dovessero farle piacere e per questo gliele mandavo, ma senza aver di mira nessuna riconoscenza.

Sono felice che ella si trovi in via di guarigione e non voglio nemmeno credere ai commenti della Gazzetta nuova il cui direttore, mio amico, è una bravissima persona, ma che non è sempre bene informato.

Lilia.


14 aprile. Ha ella mai provato, signora, la tristezza di certi mattini, quando non le nuvole in cielo, non le persecuzioni degli uomini, non le materialità di dolori terreni, ma una intima inesplicabile veggenza ci fa presagire una giornata infelice? La conosce, lei, la tristezza che non ha nome, grigio fantasma sorto all’improvviso per l’urto di una parola, di un