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della pendola, con l’immaginazione eccitata: Rosalba, stesa nel suo vedovo letto, un fazzoletto giallo annodato sui pochi capelli grigi, la bocca aperta, un cero pasquale appeso al muro e, sotto, il ritratto del defunto marito in una di quelle fotografie vecchie così tristi a vedersi e così brutte.

— Povera donna! — pensò ancora Ippolito. — Chi sa se sarà stata ai suoi giorni un po’ piacente. Non crederei.

Irritato dalla veglia, volle provarsi a dormire ad ogni costo. Aveva letto in qualche luogo che ciò si ottiene aprendo e chiudendo successivamente le palpebre per trenta o quaranta volte, ma si stancò gli occhi senza ottenere lo scopo. Ancora mille immagini scomposte vennero ad assediarlo: paesaggi, racconti, memorie, visioni, storia, romanzo; un profilo, un suono, il colore di un abito femminile, l’eco di una risata di amici; tante cose lette, scritte, vissute, sognate, inventate lì per lì con una foga insolita che aveva della rivelazione e della allucinazione insieme.

E poi tornò a pensare alla lettera ricevuta, meravigliato di sentirsi fluire alle labbra incomparabili parole di risposta, con una abbondanza, una chiarezza meravigliosa. Tutta la risposta gli sorse così finita nelle cellule della mente senza fatica, senza pentimenti. La scri-