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Rosalba poi, quantunque nessuno l’avesse mai interpellata in proposito, era d’opinione che prete o soldati fossero le migliori soluzioni del problema.

Fra queste correnti contrarie Ippolito cresceva un po’ alla maniera di un albero selvaggio favorito dalla libertà della vita campestre dove il suo bel corpo robusto si addestrava alla più naturale delle ginnastiche. Egli era infatti verso i quindici anni un ammirabile giovinetto, le cui membra, non fuse nel bronzo quali ci appaiono dai capolavori dell’arte greca, ma vive e frementi nel giuoco dei muscoli esercitati, davano agli occhi una rivelazione squisita di armonia.

Lontanavano oramai nelle memorie dell’adolescenza le impressioni dei raccolti, della vendemmia, del cantinone dove si insaccavano le noci; sparita la servetta che gli aveva riscaldato le mani alla vigilia della malattia; e molte altre venute in seguito, sparite del pari, lasciandogli nella mente un lembo di gonnella rossa, un ciuffo di capelli, un motto, un riso, un pugno di nocciuole fattogli scivolare nella tasca e, ritorno frequente, la memoria di qualche ramanzina sorbita insieme.

Una delle ultime scene che gli erano rimaste impresse si riferiva al giorno dei morti, il due novembre. Tutta la famiglia era riunita intorno