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zione del fanciullo sembravano aperture di regni misteriosi.

Quanti brividi paurosi e giocondi avevano fatto balzare il cuore di Ippolito rannicchiato nel vano di due botti se un topo disturbato nelle sue faccende attraversava rapidamente il cantinone! E quale indimenticabile sensazione, una sera di autunno inoltrato, freddissima, in cui egli, per non rinunciare ai giuochi usati, se ne venne a prendere il suo posto fra le due botti, tremante come una bubbola, con un principio di febbre addosso, e la servetta, raggiungendolo dalla cucina, gli prese le mani diacce per riscaldarle nel suo grembiule che scottava! Veramente egli non ricordava delizia maggiore di quel subito tuffo delle sue mani intirizzite entro il rigatino del grembiule abbrustolito alla viva fiamma, se non la delizia susseguente, quando, venendo grado a grado a raffreddarsi il grembiule, egli sentiva un altro calore, più dolce assai, quantunque meno intenso, immedesimato colla personcina della fanciulla; soave calore che lo attrasse a posare, insieme alle mani, la testa sul piccolo grembiule e nel piccolo grembo. Nè per quella sera egli vide più gli uomini che insaccavano le noci e neppure i topi rincorrentisi negli angoli bui. Di quella sera non seppe più nulla perchè il giorno dopo era a letto colla febbre.