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saliva insieme all’onda dei suoni, il fumo dei comignoli, aggiungendo una nuova gradazione bigia al colore del paesaggio che acquistava nell’insistenza della stessa nota una espressione di malinconia intima e profonda, eppure dolce, quale d’anima amorosa che soffrendo e aspettando spera.

Per quanto l’occhio potesse abbracciare era dovunque una quiete di giornata chiusa, di attività sospesa e riposante; nessun passaggio sulla strada; nessun rumore di attrezzi e di carri: qualche lontano abbaiar di cani e il nitrito di un cavallo dentro una stalla rammentavano debolmente la vita.

Eppure guardando bene lungo il filare dei gelsi stecchiti, sulla striscia di terra più alta e più asciutta, un’ombra passava stretta nella giacca contadinesca sotto la quale pendeva il logoro sacco del portalettere.

Sul finire della giornata umida e grigia, mentre gli altri stavano giù raccolti nel tepore delle case, il portalettere compiva il suo giro, metodico, irresponsabile, inesorabile come il destino. Nulla della sua figura scialba staccava sul fondo uniforme della campagna; sul terreno molle il suo passo non produceva alcun rumore. Egli andava, indifferente, senza fretta e senza posa, recando i palpiti di mille cuori. La via si allungava dietro a lui, i rami degli alberi