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trimonio, mentre io non lo potrei fare sotto pena di espormi al ridicolo; ecco ecco che già ne vedo i prodromi sui loro volti... Lilia salvatemi!
— Che malinconia vi piglia, don Peppino? e che cosa posso mai fare per voi?
— Voi potete rendermi sacro.
— Nientemeno.
— L’imperatore Nicolò di Russia...
— Ah! ecco l’aneddoto. Don Peppino siete insopportabile!
— Lasciatelo terminare — ordinò Lilia.
— L’imperatore Nicolò di Russia, in seguito a un editto che proibiva il duello agli ufficiali, se ne trovò davanti uno il quale, avendo ricevuto uno schiaffo, mal sapeva scegliere fra l’onta dei compagni e lo sdegno dello Czar e fremeva e chiedeva aiuto di consiglio. Nicolò lo tolse dall’imbarazzo baciandolo sulla guancia in presenza di tutta la sua Corte e dicendogli: «Il tuo affronto è cancellato. Ti fo sacro». Fatemi sacro voi pure, signora mia, sfiorando col vostro bel labbro la mia venerata canizie così che nessuno possa ridere di me quando dico di amarvi.
Il giornalista stupefatto della conclusione si pose a gridare:
— Non si può dire che costui non sappia trar profitto dalle sue letture. Ce ne vuole del toupet! L’istruzione a questo modo diventa un’immoralità.