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elevatezza concettosa della sintesi; e non erano più gridi, non più lagrime, non più lamenti; solo un palpitare d’ala ferita e un ritornello lento, lontano, come di singhiozzi soffocati.

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Non ci si vedeva quasi più nel salotto. Lilia, a tentoni, raggiunse il piano. Ippolito la sentì venire e rimase colle mani irrigidite sui tasti mentre ella gli circondava la testa adducendola con dolce violenza a riposare sul proprio seno. Poche gocce di sudore rendevano madida la fronte del giovine. Ella le asciugò pietosamente in silenzio.

— Lilia...

— Amore!

Alcuni suoni inarticolati uscirono a stento dalle labbra di Ippolito, e Lilia, nello stesso modo che si acqueta un bambino, lo andava accarezzando e mormorava piano dei «sì» che non rispondendo a nulla di concreto sembravano pure allearsi al di lui dolore e farsene compagni. A un tratto, curvandosi con un movimento alieno da ogni sensualità, gli appoggiò la bocca sulle palpebre.

— Queste lagrime — disse — si convertiranno in serti di gloria. Perchè tu sai amare è tua la vittoria del poeta, perchè tu sai piangere sarà tuo il cuore delle moltitudini.

— Io volli solamente il tuo, — mormorò Ippolito.