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che lo attanagliavano, che gli sbranavano il cuore, le viscere, tutto. Egli sì, moriva nell’amore di quella donna, la prima, la sola, la tanto a lungo attesa e invocata! Pensava egli forse alla famiglia, all’arte, all’avvenire, egli che amava di quell’amore che tutto assorbe, che trascina sentimenti, vincoli, affetti, doveri, che arriva fino al suicidio, fino al delitto?

Che cosa lo separava dal delitto se non la materiale volgarità dell’atto? Forse che nel suo animo non era già compiuto? Sul collo sottile di Lilia, su quel collo che usciva pari ad uno stelo dall’abito del colore di una morta rosa, non si torcevano già furibonde le sue mani? Non la vedeva egli piegare sotto la stretta disperata? Non la udiva gemere? Non sentiva il bel corpo cadere inerme e per sempre sotto il fatale amplesso?

Ma perchè taceva ora? Accasciata sulla poltrona, col volto tuttavia celato tra le palme, sembrava impietrita. I soavi capelli nella piena luce della finestra fulgevano, aureola di bellezza rigogliosa intorno alla fronte, e nella attitudine china lasciavano scorgere sul pendio della nuca una fioritura di giovani ciocche nascenti, quasi tenere nel loro incerto ondeggiamento di peluria infantile. Le spalle e le braccia volgenti verso terra presentavano la linea spezzata di un rosaio sotto la tempesta; perfino le mani, nella