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anzi disgustato al punto da coinvolgere nel suo sdegnoso silenzio anche l’anima candida di Remo che non lo meritava davvero, che gli aveva pure mandato del denaro perchè potesse fare buona figura «in casa degli ospiti». Rispose asciutto:

— Sì, molto tempo.

— È forse per questo che...

— Che cosa?

— Non hai letto la lettera di don Peppino?

Anche quella ci voleva! Ebbene, no, non l’aveva letta. La trasse in fretta dalla tasca dove era rimasta tutto quel tempo completamente dimenticata e si pose a scorrerla con indifferenza. Si fece serio all’ultima pagina e terminò cacciando una esclamazione dispettosa.

— Che ne dici? — domandò Lilia.

— Che vuoi che dica!?

Lilia se ne stava nel vano della finestra, ritta, colle spalle volte a Ippolito, guardando con ostinazione il paesaggio esterno. Senza cambiare positura mormorò:

— Dovresti scrivere a tuo zio per rassicurarlo.

— Rassicurarlo di che?

Lilia grattò leggermente coll’unghia una macchiolina sul cristallo; si udì il piccolo rumore muto e il colpo secco ch’ella vi diede poi prima di pronunciare la risposta. Venne alla fine, un po’ tremula, quasi fioca: