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fuscello ne cercava un altro e se non lo trovava la rassegnazione veniva subito.
Ni era acrobata. Non vi era nell’orto monticello o rilievo qualsiasi sul quale non avesse tentato di arrampicarsi dando prova di una elasticità sorprendente che lo aiutava sopratutto nelle cadute, quando ruzzolando per terra con tutte e quattro le zampine in aria rialzavasi prontamente senza piangere, si strofinava la parte ammaccata od anche un’altra che vi corrispondesse presso a poco e tornava all’assalto.
Ni era esploratore. Si avventurava tutto solo nel bosco dei fagiuoli, smarrendo qualche volta la via ma ritrovandola sempre, affrontando ostacoli di rami rovesciati, di buche nel terreno, di cupolette di talpa che lo facevano incespicare ma non retrocedere; e non gli mancavano incontri terrificanti di grossi ragni che gli sbarravano colla loro tela tutto il sentiero; di lucertole guizzantigli fra le gambine, di qualche gatto selvatico balzante con tanto impeto da far traballare il bosco, sì che i baccelli maturi gli cadevano sul nasino lasciandolo intontito per qualche istante.
Ni era sopratutto mago. Avvicinandosi a lui tutti i volti sorridevano, tutti si mostravano buoni e compiacenti. Le fronti più gravi, anche quella del nonno custode attraversata da miriadi di rughe, si spianavano, si lisciavano tutte