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gaz. Suonò il campanello del primo piano e al domestico che venne ad aprirgli chiese:

— C’è molta gente?

— Molta; ma qualcuno sta già accomiatandosi per la serata di gala alla Scala.

Benedetta serata! pensò il giornalista ravviandosi gaiamente i capelli; ed essendosi in quel punto rammentato che vi doveva pure essere un gran ballo in casa Visconti ne trasse argomento di tale letizia che entrò nel salotto con una baldanza affatto giovanile.

La signora del luogo stava seduta da sola sopra un divano. Era vestita di velluto nero con scollo a punta, circondato da una trina meravigliosa fermata da un gioiello; le maniche, che si arrestavano al di sopra del gomito, erano pure terminate dalla medesima trina e dalla ripetizione in piccolo del medesimo gioiello. Niente altro. Lo sfolgorìo che la avviluppava quasi un nimbo, dando al subito vederla l’impressione esatta di una apparizione, veniva dal suo interno, da’ suoi occhi, dal suo sorriso.

Era una creatura di sogno; aveva del fiore e del raggio. Non si poteva vederla senza provare il bisogno inconsulto di vivere nell’orbita della sua vita, ammirandola, quasi ringraziandola del bene che faceva colla sua bellezza; bellezza mobile, impressionante, che andava dallo sguardo alle labbra come un lume portato a mano