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mentre scendeva dalle scale coi guanti e con l’ombrellino in mano.
Fu Ippolito che le rispose metà scherzando metà sul serio, dicendole che era troppo elegante, che gli faceva paura, che non si sentiva degno di tante raffinatezze, che temeva di perderla.
Lilia crollava il capo.
— Non è vero che io sono un contadinello al tuo confronto?
— Non so che cosa tu sia. So che ti amo e che mai, capisci, mai ho amato come amo ora, come amo te. Sei contento?
Ippolito acconsentì superficialmente. In fondo al cuore una lama sottile lo aveva toccato e gliene rimaneva una sensazione di freddo che però scomparve quasi subito nel sorriso aperto della campagna e nella dolcezza dei baci di Lilia.
Splendida era la campagna nelle prime brezze nunziatrici dell’autunno e splendido amante Ippolito che ne aveva ricevuto dalla natura tutti i doni, per i quali Lilia gli conferì il titolo di «maestro in amore». Singolare maestranza fatta unicamente di istinto a cui aggiungeva sapore squisito la ingenuità stessa di colui che si trovava maestro senza saperlo.
Simili a due giovani conquistatori essi allargavano ogni giorno il loro regno allonta-