Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 196 — |
za lo dominava intero, in quella alcova formata dalla natura per l’amore, nel meriggio d’agosto incombente sulla campagna, tra il profumo vicino delle rose e quello poco lontano dell’olea fragrans che accompagnava, orchestra invisibile, il prorompere della passione vittoriosa.
· | · | · | · | · | · | · | · | · | · |
XIV.
Zenith.
Un oblio assoluto di quanto era stato la sua esistenza fino allora continuò a dominare sulle giornate d’Ippolito. Neppure un pensiero della sua casa e della sua famiglia, meno ancora del suo avvenire, interrompeva l’ardente duetto di amore. Tutto ciò che non fosse Lilia non esisteva per lui.
Talora gli sembrava di amarla come una fanciulla che dovesse far sua; abbracciandola provava una sensazione piena di poesia; gli pareva di essere entrambi molto giovani ed appena sulla soglia di una felicità misteriosa e lontana. Talora invece, inginocchiato ai di lei piedi si sentiva piccino piccino, umile, debole, e se ella sorridendo, lo chiamava fanciullo, una improvvisa