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cugini, — osservò il custode, gattone vecchio pratico del mondo.

— Che vuoi! è la loro età, — rispose Mansa: — abbiamo fatto così anche noi. Ciascuno alla sua volta, non è vero?

Il giardino, trascurato da otto anni, presentava l’aspetto di una foresta. Fu un piacere nuovo per Lilia l’inoltrarsi sui sentieri di cui restava appena traccia, sotto gli alberi fronzuti, fra cespugli fantastici di ortensie che approfittando liberamente dello spazio allargavano all’ombra i loro gracili corimbi dalle tinte di porcellana, mentre nelle radure dove meglio batteva il sole l’olea fragrans rizzava le bianche stellucce il cui profumo dava a Ippolito una vertigine di voluttà.

— Vi sono anche delle rose, — disse Lilia giulivamente procedendo alla scoperta.

— Rose, rose, rose! — gridò Ippolito raggiungendola.

Una specie di cupola verde tutta fiorita di rose stava in cima ad un piccolo rialzo, ma il sentiero che vi conduceva era così intricato che Ippolito dovette rompere parecchi rami per potervi penetrare, facendo fuggire i ragni che vi avevano disteso le più argentee e vaporose tele che si potessero immaginare.

— Trine di Bruxelles! — disse ancora Ippolito sollevandone una col dito.