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— Se la signora crede di prendere questa, è la camera della povera contessa — disse il custode, — altrimenti vi è la camera di don Peppino e quelle dei forestieri. Non abbiamo preparato prima perchè l’ordine del padrone era di lasciare a loro la scelta.
— Oh! — fece Lilia prontamente — ci bastano le camere dei forestieri. Eccone una assai carina.
Era un sentimento delicato che le faceva rispettare l’intimità dei padroni della villa; ma non perdette nulla nel cambio, perchè l’alloggio da lei scelto si apriva sul giardino con una balconata cinta di rampicanti ed aveva al di sopra delle pareti, ricoperte di una fresca tappezzeria a fogliami, un curioso volto affrescato dove, sullo sfondo di un cielo pallidamente azzurro alcuni amorini stendevano a guisa di padiglione un velo bianco trapunto.
— Se non starò qui come in paradiso, la colpa sarà tutta mia.
Ippolito alzando gli occhi al soffitto provò un leggero movimento di gelosia verso gli amorini, ma tuttavia disse che era stupendo. E siccome si trovavano in quel periodo delizioso della passione, quando ci si intende senza parlare o la parola che si dice è immancabilmente quella che l’altro vorrebbe dire, si sorrisero di nascosto con una muta intesa.