Pagina:Neera - Una passione, Milano, Treves, 1910.djvu/194


— 188 —


— Il nome non c’è, — disse Lilia: — tanto meglio. Sarei stata un po’ gelosa.

— C’è l’olea fragrans! — gridò Ippolito con accento di trionfo.

— Ed è l’importante, — aggiunse Lilia con gravità.

Fioriva l’olea in quantità straordinaria. Ippolito ne prese d’assalto una pianticella e ne colse tanta da infiorare tutta l’amata.

— «Eccoti bella, amica mia, eccoti bella!» Le rose di Saaron non potrebbero olezzare più di questi fiori. Senti? Senti? È il profumo del nostro amore.

Lilia assentì con uno sguardo dolcissimo. Così incoronati e festanti entrarono nel vestibolo dove una donna stava ad aspettarli in attitudine serena.

— Mia moglie, — disse il custode.

Ippolito provò un momento di imbarazzo e volse a Lilia un tacito sguardo.

— Caro cugino, questi saranno i nostri nuovi amici, — soggiunse Lilia con naturalezza.

Egli le fu grato di aver trovato così prontamente il ripiego della parentela per potersi dare un contegno davanti a quel Filemone ed a quella Bauci, ma le susurrò piano all’orecchio:

— Crederanno?

— Oh! di questo non mi importa affatto. Mi basta di aver dato loro l’imbeccata. Dunque,