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che salpava da Como in uno splendido mattino di agosto.

Appoggiati al parapetto dell’ultima piattaforma, date le spalle ai curiosi, i due felici si sprofondavano in un bagno d’azzurro sospesi tra acqua e cielo, assolutamente immemori dell’universo. Che importava loro delle splendide ville sparse sulle due rive? dei crocchi eleganti convenuti intorno agli scali più alla moda? Appena se i loro occhi fissandosi sopra qualche sandolino solitario facevan loro desiderare l’intimità di quel piccolo nido a fior d’acqua. Allora Ippolito diceva:

— Anche noi, nevvero?...

E la risposta di Lilia, che stava col braccio nel suo braccio, era una stretta più forte e più tenera.

Quella specie di fuga che aveva tutte le dolcezze di un viaggio di nozze dopo il mese snervante trascorso — lui col martoro degli esami, lei nella noia della città spopolata — li riempiva di una ebbrezza giovanile e innocente che aggiungeva vigore a quell’altra ebbrezza della passione ricambiata. Per Lilia era il rinnovamento più fresco e più puro di altri amori; ma per Ippolito era il primo amore, il fiore unico che profuma tutta l’esistenza, che ne decide quasi sempre il corso. Nessuna immagine poteva meglio rispondere al suo stato d’animo di quel bat-