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spiegava col fatto che per due ore non partiva più nessun treno.

Queste delucidazioni, in apparenza molto chiare, lasciarono Remo più perplesso di prima.

O dove era allora Ippolito?

A capo chino, vedendo avvicinarsi una complicazione di avvenimenti in stridente contrasto colla letizia a cui aveva aperto l’animo, non volendo pensare che fosse morto o ferito, eppure tornando suo malgrado a una ipotesi tragica, rifece il viale della stazione verso la città. Passando davanti al lavoratore di marmi che offre al pubblico da tanti anni la sua triste merce di cippi funerari e di croci, Remo distolse gli occhi sospirando. Tra le massime che egli insegnava a’ suoi scolaretti non vi era anche quella che Dio permette il dolore accanto alla gioia affinchè non dimentichiamo di pensare alla eterna salute?

Ma che cosa doveva fare adesso? Dove cercare Ippolito? Dove appostarlo? Gli venne in mente di tornare al Caffè Centrale, caso mai si fossero incontrati senza vedersi e, invertendo le parti, suo nipote fosse là ad attenderlo. Il sentimento di soggezione che stava per impadronirsi di lui all’idea di doversi ripresentare nello stesso caffè gli fu per buona sorte alleviato subito dal cameriere che gli venne incontro ossequioso e sorridente: