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Partito l’amico, riconosciuto sull’orologio proprio e su quello del caffè che più di un’ora era trascorsa, il brav’uomo ebbe l’ispirazione di muovere incontro al disertore, e così, passo passo, guardando a destra ed a sinistra acciò non gli sfuggisse, prese lentamente il viale della stazione.
Il sole calava sull’orizzonte. Le vie e i negozi che avevano sonnecchiato fino allora nell’afa del pomeriggio si destavano a nuova vita. Una brezza soave veniva dalle Prealpi a smorzare gli ardori di quella calda giornata. Proprio allora Romolo doveva essere seduto a capo di tavola, col pugno serrato, il braccio ad arco, bestemmiando contro gli assenti.
E sul piazzale della stazione Ippolito non c’era; non c’era nell’atrio; non nelle sale d’aspetto; non sotto la tettoia. Non c’era, insomma.
Remo, cui i due bicchieri di Marsala avevano aumentato l’ottimismo corroborandolo con una certa dose di audacia, interrogò l’un via l’altro tutto il personale della stazione cercando notizia di suo nipote. Invano. Troppa gente va e viene da una stazione perchè se ne possa occupare.
Appunto era partito da poco il diretto per Milano che aveva ingombrato le sale di viaggiatori e se al momento si trovavano vuote ciò si