Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 168 — |
la sua anima era altrove. Facendosi strada un po’ colla preghiera, un po’ colla violenza, raggiunse la corrente della folla che usciva lentamente dal portone. Nella stretta via una carrozza da nolo aspettava e verso quella si diresse la bianca apparizione che Ippolito inseguiva. Stava appunto per salire quando egli la raggiunse.
— Grazie! — mormorò con una voce che tremava d’amore.
Ella nulla disse, ma con un invito nello sguardo gli accennò il posto in carrozza vicino a lei.
Smarrito, inebriato, Ippolito stava forse per ubbidirla; quando si accorse di cento occhi fissi su di loro e fra quelli vide le pupille estatiche di zio Remo. Si inchinò allora profondamente.
— Alla stazione! — ordinò ella al cocchiere. E sparve.
Ma la curiosità eccitata si offrì da se stessa in pascolo delle congetture.
— Chi è quella bella creatura?
— È la contessa Colleoni.
— Ma che! È una forestiera.
— Una della colonia protestante.
— No, non si è mai vista in Bergamo.
— Mi pare la marchesa Belli.
— La marchesa è più vecchia. E poi sarebbe qui colla sua carrozza, non con una vettura da nolo.