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— Grazie: è sano — rispose Remo, cui tremavano le labbra per la commozione.

— E non mi ha l’aria di voler andare a suonar l’organo in chiesa, — aggiunse il signore che aveva già fatto una osservazione consimile: — No, perbacco! C’è stoffa di drammaturgo lì dentro. Scommetto che fra qualche anno il mondo sentirà parlare di questo Ippolito Brembo.

— Troppa indulgenza, troppa bontà! — si schermì ancora Remo nella sua invincibile modestia.

Ma per quanto fosse agguerrito contro il peccato della superbia, il brav’uomo sentiva pure le clamorose accoglienze fatte a Ippolito e quel batter delle palme l’una contro l’altra gli produceva un certo effetto singolare di tenerezza per cui gli venivano i lucciconi grossi come nocciuole.

— È una bella soddisfazione, — replicò la matrona appoggiando per simpatia il fazzoletto sugli occhi.

Giù, nella sala, le persone che non avevano visto bene il giovane trionfatore salivano in piedi sulle sedie, non stancandosi mai di richiamarlo. Liberato da costoro, gli allievi lo circondarono, chiassosi, vociferanti, assediandolo di domande. Ippolito rispondeva a tante dimostrazioni con brevi sorrisi, con qualche parola; ma