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parte, la tema di disturbare fece sì che stesse pago a riguardare le vivaci approvazioni della matrona i cui occhi si atteggiavano ad una ineffabile espressione di rapimento.
Battagliera come uno squillo di tromba, la musica commentava ora le parole: «Lèvati, Aquilone! vieni, Austro!» Tutta la sala ne era scossa. I mantici dell’organo si sollevavano con un respiro da gigante e le arcate della volta apparivano anguste alla maestosa solennità della ispirazione che si levava sempre più alto. Quel filo diaccio che vibra nelle reni in certi momenti indescrivibili, che mozza il fiato e sospende i battiti del cuore, era l’impressione che provavano tutti.
Gli allievi del Conservatorio, in piedi, ascoltavano con attenzione intensa ed appassionata sentendo ognuno vibrare in quelle note i propri sogni: sogni di giovinezza, sogni d’arte, sogni d’amore e di gloria. Lo schietto entusiasmo de’ suoi compagni, frenato dal silenzio d’obbligo, giungeva pure a Ippolito indistinto e sottile, suscitandogli i primi palpiti d’orgoglio.
Ed era a Lei che Ippolito dedicava il suo trionfo, alla bianca figura di cui non scorgeva tutto il viso, ma con la quale comunicava per un segreto fluido magnetico. Quando colorì la frase: «Mettimi come un suggello sul tuo cuore, poichè l’amore è forte come la morte», la