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corrette ma accademiche dei saggi per esame.
Un brivido corse per la sala quando le note svolsero la frase: «Chi è costei che sale dal deserto simile a colonna di fumo profumata di mirra e d’incenso?»
Ippolito non si era mosso. Le sue mani scorrenti sulla tastiera sembravano incatenare a quella tutto il suo essere. Eppure egli sentiva senza vederla la bianca figura che palpitava a pochi passi da lui, ne indovinava la linea elegante sotto il vapore spumoso di veli. «Chi è costei che sale dal deserto» non era più una domanda nelle sue note potenti. Egli lo sapeva, egli lo affermava con un tremito di gioia: «Eccoti bella, amica mia, eccoti bella!»
Una delicata fioritura di note, simile ai misteri che si comunicano i nidi affondati nei boschi quando sorge su di essi l’aurora, interpretò la descrizione degli amori soavi come il miele nei dolci orti chiusi ove le fonti mormorano sommessamente. Si aveva l’impressione di udire il fruscìo delle ali fra gli alti steli tremolanti e il lento aprirsi delle rose sui cespugli languidi.
— Stupendo! — disse un signore seduto davanti a zio Remo: — Solamente, questa non è musica sacra.
Remo, che fin dai primi accordi non sapeva più in che mondo si trovasse, avrebbe voluto attaccar discorso con quel signore, ma, d’altra