Pagina:Neera - Una passione, Milano, Treves, 1910.djvu/162


— 156 —

no; essendo entrato, senza farsi annunziare, si fermò sulla soglia ad ascoltarla, e fu sorpreso della di lei virtuosità. Aveva un tocco che avrebbe fatto la fortuna di un pianista di professione. Glielo disse, ed ella arrossì al complimento con una modestia da educanda, levandosi in piedi di scatto. Era vestita di una sottilissima mussolina color di cielo con maniche aperte fino alla spalla, ricadenti lungo il fianco a guisa di ali in riposo, ed aveva alla cintura un mazzo di gelsomini. Ippolito credette di vedere un angelo.

Ma come parlare, come, se il sangue gli affluiva a fiotti verso il cuore e si sentiva nello stesso punto di fuoco e di gelo?

Andarono a sedere sul divanino, su quel divanino dove per abitudine non sedeva che lei e che parve a Ippolito una iniziazione alle gioie del paradiso. In qual modo osò prenderle le mani, e stringergliele, e coprirle di baci? Eppure ciò avvenne, e la memoria di quei primi baci timidi, quasi furtivi, doveva seguirlo a lungo con un prolungamento di ebbrezza nei sogni.

Finalmente si trovavano soli e quantunque non si avverasse nessuna delle scene deliranti che egli aveva tante volte immaginate, era pure una delizia sovrumana quella di sentirsela così vicina, tutta per lui, cogli occhi volti a lui solo, attenta, avida, fremente, col busto eretto e tut-