Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 128 — |
zata attraverso i campi, le sfide a palle di neve, il tardo arrivare alla scuola, gli uccelli di carta lanciati dalle finestre, le barchette di carta nuotanti nella catinella, i pupazzetti sui libri di testo, i codini attaccati alla nuca dei compagni, le banderuole issate sulla cattedra, questi svaghi innocenti sì ma non contemplati dalla disciplina, non avevano danneggiato menomamente il risultato dell’anno scolastico.
Cari ragazzi! Tutte le massime ottimiste che egli aveva accumulate, che teneva in serbo per consolare sè stesso e gli altri, fra cui sceglieva invariabilmente il testo per i modelli di calligrafia, gli venivano sulle labbra con una sfilata trionfante. «L’uomo nasce naturalmente buono, basta saperlo educare. L’educazione è al fanciullo quel che la rugiada alle piccole piante. Non bisogna stancarsi di spargere a larghe mani il buon seme. Ognuno di noi deve lavorare onestamente pensando che Dio lo vede», ecc. ecc.
Egli aveva allineato davanti a sè sul tavolino, in cinque mucchietti, i compiti de’ suoi allievi e li mirava con compiacenza. C’era, è vero, quel Battistino Rota da cui non si riusciva a spremere nulla, e l’Aristide Pochini il quale confondeva sempre i nomi dei fiumi con quelli dei monti; ma la storia è piena di esempi di uomini celebri che sui banchi della scuola pro-