Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 126 — |
ne a ciò parlando di musica, non c’è alcuno che si senta di farne un po’ questa sera? Oserei pregare la padrona di casa.
Lilia accennò negativamente col capo.
— Qualcuno dei signori? — ripetè volgendosi ai tre eleganti. — O il signore?
Ippolito, interpellato direttamente, si schermì, sotto le occhiate oblique della triade dalla quale fischiò in tono sommosso questo commento ironico:
— Gli occorrebbe l’organo.
Non tutti udirono, ma Ippolito sì. Egli varcò con un balzo lo spazio che lo separava dal suo rivale e chinando verso di lui il volto infiammato, lampeggiando negli occhi, gli scattò a bruciapelo la botta di risposta:
— Come a lei la frusta.
I tre si alzarono furibondi: nell’attrito fu rovesciata una sedia.
— Che avviene laggiù? — chiese Lilia.
— Un malinteso — si affrettò a dire don Peppino cui non era sfuggita la rapidissima scena.
— Ah! — protestò uno dei tre — lo chiama un malinteso?
— O se preferisce uno scherzo — continuò don Peppino col suo accento persuasivo mettendosi risolutamente in mezzo a loro. — I signori hanno voluto scherzare ed il signore raccolse l’invito. Già. Un’allusione alle loro abitudini sportive... niente altro. Uno scherzo, un