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carichi di languore avvolgevano il giovine in una rete di irresistibile seduzione; irresistibile eppure non volgare, perocchè nulla di volgare potesse svolgersi dalla donna eletta la cui intelligenza palpitava sempre come un’ala tesa verso un indefinibile bisogno di perfezione. Tratto tratto gettava ancora qualche parola nel crocchio degli amici, ma tenendosi muta accanto ad Ippolito e dandogli a suggere l’anima negli sguardi mostrava così visibilmente la nuova preferenza che l’aria intorno sembrava scottare. A un certo punto gli chiese con lo stesso accento col quale avrebbe potuto dire «Ti amo»:

— Si annoia?

Egli ebbe l’audacia di rispondere, guardandola in viso:

— Sì.

Le gote di Lilia si tinsero allora di una lieve fiamma e, strappandosi all’estasi, si alzò con un bel movimento di pantera che fece ondulare sul tappeto lo strascico aereo della sua gonna. La voce tremula di don Peppino diceva:

— Tutto basta al primo amore che è sempre un milione di fame per un centesimo di pane.

— Si parla di amore qui? — domandò Lilia avanzandosi verso il gruppo.

— Non tutti hanno la fortuna di poterlo fare — rispose don Peppino, correggendo con l’umiltà dell’accento l’impertinenza dell’allusione