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ni, superficiali, staccate, che volavano via nella notte, dando loro l’impressione dell’areonauta che si alleggerisce della inutile zavorra per salire più rapido e più alto.

— Mi scriverà ancora?

— Certamente.

— Non più ferma in posta?

— Non più.

— Come è tranquillo questo punto di Milano!

— Somiglia a Bergamo?

— Oh! no.

— Meno bello?

— Diverso.

Don Peppino sollevava allora dai tasti l’aria della Carmen: «Toreador attento...». Essi tacquero in un silenzio inebbriante. Ippolito vedeva attraverso la manica di velo il braccio di Lilia simile a un ramo carico di gigli e quella vista gli mozzava il respiro. Ma dopo un po’ di tempo:

— Dobbiamo rientrare?

— Sono a’ suoi ordini.

— La presenterò ai miei amici.

Quando essi apparvero sulla soglia del balcone come raggianti di bellezza, col pallore sul volto del nascente amore, coloro che si trovavano nel salotto provarono l’impressione di due astri sorgenti e quando Lilia ebbe pronunciato le parole sacramentali: «Un caro amico, il signor Ippolito Brembo», tutti quegli uomini trasalirono