Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 104 — |
sciuparlo si mostravano reciprocamente con gesti misurati le immagini racchiuse nei loro libri, accoccolate con una gamba sola sulle seggioline di ferro, un pasticcetto fra le dita. Parlavano e mangiavano tutt’insieme, divise fra la naturale tendenza al riso e la gravità della circostanza che imponeva loro un contegno riservato.
Ippolito pensò alla sua propria cresima fatta con grande pompa alla parrocchiale del villaggio e all’orologino d’argento che gli aveva regalato lo zio Romolo, nonchè a un manualetto di esercizi per prepararsi al Sacramento — dono questo di zio Remo — che portava un titolo oltremodo suggestivo: Il gran giorno si avvicina. Una gentile simpatia, come un ritorno all’infanzia, lo attirava verso quelle bimbe dagli sguardi ingenui e dal cicaleccio di cingallegre. Una era bruttina, l’altra così così; ma che ne sapevano esse? Il livello di una uguale ignoranza nella scienza terribile della vita le conservava ilari. Le malattie, i dolori, gli inganni stavano sospesi sulle loro teste; ma poichè ignoravano, ridevano. Fra le due quale avrebbe subito la tortura della verginità? quale la tortura della maternità? L’amore e la fortuna le attendeva o la miseria e l’abbandono?
— Fammi assaggiare il tuo dolce; ti darò un poco del mio — dicevano.