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biale, ansioso di riservarsi alcune ore di perfetta libertà per girondolare a suo agio e vedere il Castello restaurato. Doveva però anche far colazione e siccome erano le dodici e mezzo si pose a cercare un posticino in qualche trattoria. Le tende distese sopra i tavolini di ferro del caffè Crespi, di fianco alla Galleria, gli parvero ospitali colla via dinanzi spruzzata di fresco sulla quale numerose donnine passavano sollevando leggiadramente l’orlo della gonna. Passavano anche molte fanciullette vestite di bianco, col velo bianco, coi guanti bianchi, una medaglia appuntata al petto, un libriccino in una mano e un cartoccio di dolci nell’altra; Ippolito riconobbe in esse le piccole cresimande.
Che bel mese giugno! La primavera non è finita, l’estate non è cominciata ancora. Un contadinotto sull’angolo della Cooperativa vendeva delle rose magnifiche, pavonazze; e l’aria era lucente, il cielo sereno, le finestre delle case tutte aperte, le tende dei negozi tutte calate, e il via-vai della gente continuo, ininterrotto, di una giocondità tranquilla che faceva credere a un popolo di felici.
Una signora con due fanciullette vestite di bianco venne a sedersi a un tavolino accanto a quello di Ippolito e fece portare delle acque dolci con delle paste. Le due bimbe erano raggianti. Un po’ impacciate nel velo, temendo di