Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 101 — |
in fondo ai Torni, dove comincia il Pascolo dei Tedeschi, rimproverandolo di non lasciarsi più vedere. Ippolito le guizzò di mano, ridendo, e sì pose a correre all’impazzata con mille diavoli in corpo, sconcertando la ragazza che stette ferma un poco a rimirarlo in quella sua corsa furiosa e poi alzò le spalle riprendendo la via di città.
— Ippolito — disse zio Romolo la mattina del nove giugno — ho un affaruccio a Milano per il quale sarebbe necessaria la mia presenza colà e nello stesso tempo ne ho un altro a Treviglio che mi porterà via tutto il tempo. Vuoi andare a Milano in mia vece?
Ippolito non se lo fece dire due volte. Le sue poche gite alla grande città erano sempre state così rapide che gliene restava ancora un ampio desiderio. Fece quel giorno più allegramente del solito la strada a piedi fino a Bergamo, solo che invece di salire alla funicolare si arrestò alla stazione prendendo un biglietto di andata e ritorno per Milano. Il diretto partiva alle dieci. Sarebbe tornato indietro alle quattro. Tutto sommato, sei ore di svago piacevolissimo.
Ma come fu in treno e, lasciatosi dietro la bella prealpe bergamasca avanzava rapidamente nella pianura, Ippolito non ardì dare un nome alla gioia tumultuosa che gli veniva crescendo nel petto, che accelerava il battito de’ suoi polsi