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l’una e l’altra una fascia di viali verdi, di giardini in pendio, di fiori che salgono e scendono a gruppi, a festoni, a macchie, a cespi, incorniciando i veroni, sbucando fra le pietre con una festosità di bimbi in vacanza; bianchi, rosei, azzurri, biondi, quali appunto sono, i colori della fanciullezza. Come vede, fiori, gioventù, luce, vita — e accanto, vecchie pietre nere, vecchie torri, vecchie chiese, vecchi palazzi pieni di memorie, vecchie storie di amore e di terrore. Bellissima, Bergamo, bellissima! Ho pensato a lei, ieri, nella cappella Colleoni che fiancheggia la chiesa di Santa Maria.

E con ciò finisco. Le bacio la mano devotamente.

Ippolito Brembo.


15 maggio. Perchè finire? Questo vocabolo non mi è mai mai parso tanto sgraziato come leggendolo nella cara sua lettera che avrei voluta lunga il doppio. Le notizie che mi dà di lei, della sua famiglia e della sua città le ho trovate interessantissime. È tutto nuovo per me che vivo in una città così diversa, priva di famiglia, senza scopo nella vita.

Oh! ma lei non deve rinunciare alle conquiste dell’avvenire, sarebbe un delitto. Io sento vibrare attraverso le sue parole un’anima calda e poetica, una coscienza pura, e tali doni non