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56 | Una giovinezza del secolo XIX |
parrava i giovinotti. Si osservavano i suoi abiti, i suoi gesti. Aveva trovato modo di avvicinare i nipoti dello zio Germanico e per questa via la zia ed io eravamo al corrente dei suoi successi. Un giorno il mio promesso sposo mi comparve d’innanzi con un anellino di corniola al dito; siccome non l’avevo mai visto gli chiesi semplicemente da qual parte gli venisse ed egli con pari semplicità mi rispose: "Me lo ha dato l’E...." "Come! esclamai, dici che vuoi sposarmi e porti l’anello di un’altra. Allora è segno che vuoi bene a lei; sposa quella". Il buon ragazzo si affannò a spiegarmi come glielo avesse posto in dito di viva forza, ma che era pronto, se questo mi faceva dispiacere a levarselo. Aveva già compiuto l’atto ma sembrandogli di non avermi persuasa abbastanza soggiunse: "Vuoi che lo spezzi, che lo schiacci sotto ai piedi, per mostrarti qual conto faccio dell’E..?". "Ah? no, dissi sarebbe peccato". Egli ebbe una rapida ispirazione "Lo vuoi tu? Prendilo, è tuo". Tutto giulivo me lo porse e io fiera del mio trionfo, non potendo tenerlo su nessuna delle mie dita perchè troppo largo, lo ravvolsi nella cuffietta della bambola e lo riposi gelosamente in tasca.
Graziosa corniola lucida rosata, trasparente di