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Una giovinezza del secolo XIX | 47 |
ciare i pilastri di un loggiato superiore, al quale dava libero accesso uno scalone di pietra, ben noto ai miei piccoli passi leggeri. Nel mezzo del cortile poi molte pianticelle di fiori, senza esclusione del domestico prezzemolo e della salvia aromatica costituivano uno di quei giardinetti provinciali che, forse in memoria dei beati tempi, ho sempre preferito alle aiuole lisciate e pettinate dei giardinieri di professione. C’erano anche intorno al cortile ripostigli e stambugi adattatissimi per il giuoco di nascondersi che si faceva insieme ai nipoti dello zio Germanico, ospiti quotidiani al pari di me.
Lo zio Germanico era l’uomo di compagine più semplice che io abbia mai conosciuto. Flemmatico oltre ogni dire, quando aveva compiuto il giro de’ suoi ammalati, ospedale e comune, e fatto il debito sonno del pomeriggio, si metteva a cavalcioni di una delle molte sedie che popolavano il sottoportico a fumare la sua pipa. Se capitava allora un cliente, generalmente un contadino o una povera donna, egli nè mutava posizione, nè si toglieva la pipa di bocca; nemmeno voltava la testa. "Cosa avete? — Signor dottore mi duole lo stomaco — Che stomaco? dove? — Signor dottore ....". Balzava fuori allora come un diavo-