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Una giovinezza del secolo XIX |
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tornava dalla campagna e noi se ne stava ad ascoltare il rumore del calessino per essere pronti a spalancare il portone, vedere la sterzata sapiente del vecchio Nicola e l'entrata trionfale del nonno fiancheggiato da due enormi canestri di frutta. Egli balzava, lindo e lesto, piccolo vecchietto dai capelli bianchi, vestito di una giubba scura a bottoni dorati, con un cravattone al collo che partendo dal mento gli girava sulla nuca e tornava sotto il mento ad allacciarsi in un nodino minuscolo: in qualunque giorno e in qualunque ora non l'ho mai visto con altro abito. La nonna invece, che non usciva mai di casa, aveva un giorno fisso per mettersi in gala; era il giorno del mercato. La si vedeva allora vestita di seta verde, splendente ne' suoi ori e nella matronale persona, avviarsi in piazza seguita da un domestico carico di sporte e, quando ritornava in possesso di ogni ben di Dio, la si sarebbe detta la figura simbolica dell'abbondanza.
La zia Carolina (oggi si direbbe Carla e pochi anni addietro Carlotta, ma allora si diceva Carolina: nell'intimo nostro poi io l'avevo battezzata Tuina) la mia zia Carolina, dunque, io la vedo sopratutto nella sua cuffietta da notte semplice semplice, una bianca striscia di percallo, ma che