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22 Una giovinezza del secolo XIX


Chiesi un giorno (non sono moltissimi anni) alla più giovane delle sorelle di mia madre, la dolce e sorridente zia Carolina: — Dimmi la verità, da piccola ero molto cattiva? — Oh! — rispose con un gran gesto d’affetto — eri tanto buona, tanto ubbidiente! — E allora perchè la mamma mi sgridava sempre? — Chinò la testa la mia dolce zia sospirando: — Poveretta, devi compatirla, si sentiva sempre così male! — È con un profondo senso di sollievo che posso scrivere oggi queste parole a spiegazione di un ingenuo sfogo infantile da me riprodotto in un tentativo, assai male riuscito, di autobiografia, e che alcuni critici presero alla lettera senza darsi la pena di interpretarne la psicologia. Fu certamente quell’ingenuo sfogo di un cuore, che si sente solo, il mio primo passo verso la consolazione. Ne ho perfetto ricordo; sento ancora l’impulso irresistibile, mi vedo in punta di piedi, colla matita alzata a scrivere sul legno di una gelosia "Ho nove anni, sono brutta, la mamma mi sgrida sempre". Era questo il grido spontaneo della mia infanzia senza baci, senza giuochi, priva di quelle blandizie che nei primi albori colorano di rosa ogni oggetto intorno. Probabilmente sarò stata povera di spirito e di intelligenza; è certo che non sentii mai vantare da