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20 | Una giovinezza del secolo XIX |
tura; all’altro cugino il nome intero, Bonaventura. E furono contenti tutti e tre.
Nella piazzetta di S. Giuseppe c’è una casa, che ha la porta nell’angolo, che conta ora tre piani, ma che ne aveva allora solamente due; del soggiorno a quel secondo piano ho un vago barlume di ricordanza nel quale non si concreta nessun fatto.
La mia vita, la mia infanzia, la mia giovinezza fino ai vent’anni, si svolse tutta in una casa del Corso Vittorio Emanuele, in un appartamento affondato oltre due cortili, lungi dai rumori del Corso, colle finestre principali aperte sopra una sfilata di giardini in fondo ai quali si disegnava aerea sull’orizzonte la guglia maggiore del Duomo. Nei vent’anni colà trascorsi si decise tutto quanto il mio destino. Dall’andito di quella porta, che ora si vede tagliato a mezzo da una vetrata, ma che in quel tempo si prolungava come un canocchiale sullo sfondo verde degli alberi, entrarono i sogni, le illusioni, gli inganni dell’età prima e da quella porta uscirono le bare dei miei genitori.
Esiste ancora un dagherotipo dove sono ritratte tre giovani donne, mia madre e le sue sorelle, sedute in fila una accanto all’altra; sopra uno sgabello ai loro piedi si vede e non si vede una