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Viaggi, specialmente negli ultimi vent’anni della mia vita, ne feci parecchi tanto in Italia che all’estero, ma nessuno fu romantico e pittoresco come il primo, che compii a mia insaputa sotto il tabarro di mio zio Bona, attraverso i muricciuoli di due o tre giardini, intanto che le palle dei fucili austriaci fischiavano intorno alla mia culla.
Erano le famose Cinque Giornate del quarantotto. Mio padre e mia madre abitavano in via Monte di Pietà la casa segnata ora col numero 9 di rimpetto al palazzo della attuale Cassa di Risparmio sulla cui area sorgeva allora il palazzo del Genio militare, al quale i cittadini avevano dato l’assalto, terminato felicemente coll’atto audace di Pasquale Sottocorno che diede fuoco alla porta, come è noto.