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254 | Una giovinezza del secolo XIX |
zione e quella del pubblico che la comprende e la gusta. Perchè una statua, un quadro, una partitura di musica, un libro, giungano a dare il fremito della vita a quelle fredde cose che sono la creta, la tela, una cassa di violino o un foglio di carta è evidente che l’artista deve aver sentito in un modo sovrumano. L’affermazione magnifica di mio padre «È aver Dio in noi» riconosce in Dio la sola forza creatrice. Dio, il mistero; Dio, la vita. L’ingegno poi è altra cosa; è quella che unita al profondo sentire crea l’opera d’eccezione, il capolavoro. Fuori dal campo dell’arte vi è pure la sensibilità dello scienziato, quella acutezza intuitiva che fa scoprire a Newton e a Galileo in due fatti di ordine comune due forze nuove della natura.
Ma per tornare alla sensibilità psichica e nervosa, sulla quale si è imperniata tutta la mia esistenza e che impresse il mio carattere all’opera mia, rammenterò brevemente in qual modo si manifestasse fin dai più teneri anni nella sensazione di isolamento, che mi faceva così spesso straniera in mezzo alla gente, nell’urto quotidiano di asprezze di stonature, di offese alla bellezza ed alla verità, che gli altri non avvertivano neppure. Per esempio io non posso soffrire le bestie, di nessun genere;