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238 | Una giovinezza del secolo XIX |
squallido fabbricato, a destra entrando, così squallido e repulsivo, ma che si illuminava a’ miei occhi di ridenti e splendenti immagini perchè, appena voltato l’angolo, sapevo di trovare quella reggia di tutti i sogni, che era la casa dei miei nonni. "Dopo, dopo - dissi per calmare la mia impazienza anzitutto il dovere"; e voltai a sinistra dove per viuzze secondarie delle quali improvvisavo il ricordo passo a passo, giunsi a quella che era stata la dimora della zia Claudia.
Nelle rare ed affrettate visite, che le facevo durante gli ultimi anni, per non perdere un solo istante della di lei compagnia, non uscivo nemmeno dal salottino angusto in cui si spegneva la sua attività, che era stata così grande, così prodiga di sè stessa. Questa volta invece, sapendo di non tornare più, volli compiere un giro pietoso nelle stanze deserte, sotto il portico, attraverso il giardino, un giorno così lieto di fiori, di frutta e di fanciulli. Ad ogni passo era una desolazione; del giardino non restava più nulla; alberi e fiori divelti, appena qualche erbaccia, pestata dai gatti, macchiava qua e là il terreno di chiazze giallastre fra le quali razzolavano tre o quattro galline, sollevando mucchietti di terriccio. Filosofo e prigioniero, solo l’alloro rimaneva appoggiato al muro,