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226 Una giovinezza del secolo XIX


per Università alla quale si iscrisse giovanissimo, poi per la campagna garibaldina, poi per la scuola alla Veneria di Torino, uscendone ufficiale d’artiglieria e dando nello stesso tempo gli esami al Valentino per la laurea di ingegnere. Egli aveva ricevuto dalla natura tutti i doni del corpo e della mente, per cui un alto problema di matematica gli riusciva altrettanto facile quanto un esercizio di equitazione, di nautica o di ballo. Di esame in esame, passò allo Stato Maggiore, alla direzione della scuola di guerra, alle Ambasciate; mai una volta gli venne assegnata in sede la sua città nativa, e per quanto il nostro reciproco affetto non ne subisse menomazione di sorta, la vita ci tenne lontani non solo, ma divisi da tutto un ordine di fatti e di idee; lui brillante ufficiale della nuova Italia a contatto colle lusinghiere realtà de’ suoi vent’anni, io meschina Cenerentola nutrita di magre fantasie. L’altro fratello era più giovane di noi, e il candore, la semplicità dell’animo suo me lo facevano considerare un eterno fanciullo. Aveva delle manie innocenti: per un po’ di tempo si pose a fabbricare scatole e scatolini; in seguito furono libri e libriccini, detronizzati da una raccolta multicolore di bastoncini di ceralacca. Studiava anch’egli matematiche e basta l’evocazione di questa