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198 Una giovinezza del secolo XIX


neri seni; così quando parlo di fiori intendo sempre i fiori coltivati in provincia da mani delicate e amorose, che ne conservano intatto la freschezza e il profumo. Povera è quella donna che non sa trovare nei fiori una delle più delicate gioie di questa vita.

Si allaccia pure a Caprino l’impressione più complessa che mi rimane del nostro nazionale riscatto. A Milano ero andata una volta, da piccina, col papà e colla mamma, in una famiglia di nostra conoscenza, che aveva le finestre sul Corso dedicato allora a Francesco Giuseppe, ma chiamato da tutti solamente Corso, per vedere l’entrata dell’imperatore e dell’imperatrice, e con mia grande delusione le finestre erano ermeticamente chiuse, le tendine rigorosamente abbassate, sì che al momento buono, rizzandomi in punta di piedi, mi fu dato di scorgere appena la cappottina bianca dell’imperatrice e il suo abito di seta nera rameggiato di verde. Intorno alla carrozza imperiale, deserto! Era poi venuto il giorno dell’allegrezza, quando si rise perfino in casa mia, e mio fratello Luigi si diede a preparare coccarde per tutti. Ma fu a Caprino tutto imbandierato per la festa dello Statuto, con ghirlande di sempreverdi erette ad arco di trionfo sulla contrada principale, con musica, con fuochi,